22 febbraio 2017 @ 19:04 – Studio

Il resto è storia, una storia che – come ho avuto modo in questi ultimi tempi di denunciare e scrivere in diverse occasioni – ha preso un’altra strada, puntando tutto sul docente per il sostegno e lasciando pressoché immutato il contesto.
Una storia dove in questi quarant’anni l’Università, nei percorsi di laurea che portano all’insegnamento delle diverse discipline nella scuola secondaria, non solo ha ignorato e ignora quasi del tutto i problemi legati all’insegnamento agli alunni con disabilità, ma che non ha nemmeno sentito la necessità di inserire, tranne sporadiche eccezioni, crediti di Pedagogia e Didattica della Disciplina, quasi che l’insegnare sia una scienza infusa!
Una storia che, mentre si chiudevano le scuole speciali, ha visto nascere presso diverse Università le Cattedre di Pedagogia Speciale, come se vi fosse una pedagogia che si occupa solo dell’educazione dei bambini senza problemi e una pedagogia “altra” per chi perfetto non è.
Una storia che ha registrato la progressiva delega al docente per il sostegno dell’insegnamento agli alunni con disabilità e, conseguentemente, il reclamare sempre più ore di sostegno, fino alla presenza di quel medesimo docente per l’intero ciclo di scuola del ragazzo, come garanzia della continuità didattica.
Una storia che ha registrato la richiesta alle scuole del PAI (Piano annuale per l’Inclusione), a fianco del PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa) e del PA (Piano Annuale), documenti, questi, già richiesti in precedenza, quasi che vi sia una scuola per gli alunni “inclusi” e una per gli altri.
Una storia, infine, nel corso della quale sono cambiati i termini inserimento prima, integrazione poi e inclusione ora, con i quali si definisce l’apertura della scuola alla frequenza degli alunni con disabilità, ma dove non sono bastati più di quarant’anni per cambiare di pari passo la scuola stessa, facendola diventare quell’istituzione che non solo iscrive tutti quelli che glielo chiedono, ma che sappia veramente essere “di tutti” sul piano reale della didattica e non solo su quello formale della norma e che mettendo al centro del dialogo educativo l’alunno, diventi capace di offrire agli alunni con disabilità pari opportunità di apprendimento (non sempre è possibile dare pari apprendimenti) e pari opportunità di relazione e socializzazione.
Ed è “sotto il peso” di questa storia che in attualmente assistiamo a un gran fermento attorno ai Decreti di Delega della Legge 107/15 (La Buona Scuola), dove, ancora una volta, anziché porre l’attenzione allo sviluppo di un “contesto” quale vero garante di una scuola per tutti e per ciascuno, lasciatemelo dire, mi sembra ci si ispiri piuttosto al famoso detto del Gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Cosicché noi continuiamo a proclamare la “scuola di tutti”, ma a parlare di “inclusione”.
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