Fonte: Minore o marito invalido? Lasciarli soli è reato
(www.StudioCataldi.it)
di Marina Crisafi – Anche soltanto per un giorno e una notte, lasciare solo il coniuge invalido per malattia al 100% e dunque non autosufficiente integra il reato di abbandono di persona incapace. Lo stesso avviene se ad essere lasciato senza custodia o cura è un minore di anni quattordici o un anziano.
Lo dice l’art. 591 del codice penale e lo ha ribadito una recente sentenza del Tribunale di Taranto (n. 2500/2015).
Nel caso, posto all’attenzione del giudice pugliese, la moglie si era recata dal nuovo compagno lasciando il marito, invalido al 100% per malattia e dunque incapace di provvedere a se stesso, un giorno e una notte in casa in “compagnia” soltanto dei numerosi cani e gatti che vivevano nell’appartamento, in uno stato di assoluta invivibilità per la sporcizia causata dagli escrementi degli animali.
La situazione veniva confermata dai testi e da un sopralluogo dei carabinieri che in data antecedente avevano potuto constatare come all’interno dell’abitazione vi erano porte e finestre chiuse, bloccate con pannelli di compensato e reti per dividere le varie stanze destinate ad accogliere i cani e i gatti.
Per la seconda sezione penale del tribunale, non vi è dubbio sulla sussistenza del reato indipendentemente dalla durata dell’abbandono.
La norma di cui all’art. 591 c.p., infatti, ha osservato il giudice pugliese, “tutela il valore etico–sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo” e ai fini dell’integrazione del delitto “il necessario “abbandono” è integrato da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia) che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o per l’incolumità del soggetto passivo”.
Il dolo del delitto è quindi generico “e consiste nella coscienza di abbandonare a sé stesso il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l’esatta percezione, senza che occorra la sussistenza di un particolare malanimo da parte del reo”.
Il delitto può essere evitato soltanto quando il soggetto che si allontana si preoccupa “di far intervenire persone idonee ad evitare il pericolo”.
Cosa non avvenuta nel caso di specie.
Per cui il tribunale ha dichiarato colpevole la donna del delitto di cui all’art. 591 c.p., con l’aggravante di cui all’ultimo comma visto che il fatto era stato commesso dal coniuge.
Lo dice l’art. 591 del codice penale e lo ha ribadito una recente sentenza del Tribunale di Taranto (n. 2500/2015).
Nel caso, posto all’attenzione del giudice pugliese, la moglie si era recata dal nuovo compagno lasciando il marito, invalido al 100% per malattia e dunque incapace di provvedere a se stesso, un giorno e una notte in casa in “compagnia” soltanto dei numerosi cani e gatti che vivevano nell’appartamento, in uno stato di assoluta invivibilità per la sporcizia causata dagli escrementi degli animali.
La situazione veniva confermata dai testi e da un sopralluogo dei carabinieri che in data antecedente avevano potuto constatare come all’interno dell’abitazione vi erano porte e finestre chiuse, bloccate con pannelli di compensato e reti per dividere le varie stanze destinate ad accogliere i cani e i gatti.
Per la seconda sezione penale del tribunale, non vi è dubbio sulla sussistenza del reato indipendentemente dalla durata dell’abbandono.
La norma di cui all’art. 591 c.p., infatti, ha osservato il giudice pugliese, “tutela il valore etico–sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo” e ai fini dell’integrazione del delitto “il necessario “abbandono” è integrato da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia) che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o per l’incolumità del soggetto passivo”.
Il dolo del delitto è quindi generico “e consiste nella coscienza di abbandonare a sé stesso il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l’esatta percezione, senza che occorra la sussistenza di un particolare malanimo da parte del reo”.
Il delitto può essere evitato soltanto quando il soggetto che si allontana si preoccupa “di far intervenire persone idonee ad evitare il pericolo”.
Cosa non avvenuta nel caso di specie.
Per cui il tribunale ha dichiarato colpevole la donna del delitto di cui all’art. 591 c.p., con l’aggravante di cui all’ultimo comma visto che il fatto era stato commesso dal coniuge.