Ricorso contro il Comune di Roma, per discriminazione indiretta
14 giugno 2016 @ 16:58 - Diritti
Aveva usufruito per molto tempo di un contributo di 600 euro mensili, in base al SAVI, il Servizio di Aiuto per la Vita Indipendente del Comune di Roma, un giovane con grave disabilità motoria, per provvedere alla propria assistenza domiciliare, retribuendo un operatore, pagandogli i contributi INPS e l’assicurazione. Quando poi il budget del SAVI non consentiva di avvalersi degli operatori domiciliari, il giovane aveva potuto fino al 2010 contare per l’assistenza anche sul supporto dei propri genitori; e tuttavia, con l’avanzare dell’età e lo sviluppo di patologie da parte di questi ultimi, aveva deciso di chiedere un adeguamento del finanziamento assegnatogli dal Comune Capitolino, reiterando per ben tre volte la propria richiesta. Risposta: un perdurante silenzio tombale.
«Cosicché il giovane – spiega Emanuela Astolfi, presidente dell’Associazione Avvocato del Cittadino – a seguito dell’aggravarsi della situazione fisica dei genitori, è stato costretto a rimodulare le proprie abitudini quotidiane, rimanendo quindi vittima di una discriminazione indiretta, ai sensi della Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.]: infatti, il comportamento apparentemente neutro dell’Amministrazione Capitolina, che ha negato un aumento del budget per l’assistenza indiretta, ha posto il giovane in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone».
Per questo, dunque, i legali dell’Avvocato del Cittadino hanno deciso di iscrivere al ruolo in questi giorni un ricorso contro il Comune di Roma, in base alla citata Legge 67/06, per attività discriminatoria posta in essere dall’Ente nei confronti di una persona con disabilità.
«Nello scorso mese di maggio – ricorda poi Astolfi – la nostra Associazione aveva inviato una lettera a tutti i Candidati a Sindaco di Roma, chiedendo un formale impegno a cambiare la prassi instauratasi a seguito dell’approvazione – e dell’inesatta interpretazione – della Delibera di Giunta Comunale 191/15, la quale, modificando la precedente Delibera 355/12, ha stabilito che le persone con disabilità che percepiscono il contributo per l’assistenza domiciliare indiretta debbano anticipare il pagamento della retribuzione in favore degli operatori e solo dopo avere presentato la rendicontazione (le buste paga) al Municipio di competenza, ricevere il contributo. Questo significa escludere dal servizio di assistenza indiretta tutte le persone che non hanno alcun reddito o hanno un reddito appena sufficiente per il proprio sostentamento. Ebbene, a parte qualche contatto da parte di segreterie di partito, per capire quante persone fossero coinvolte dal problema, nessuno si è reso disponibile a sottoscrivere un atto di impegno volto a modificare l’attuale, ingiusta, discriminatoria prassi, che potrebbe spingere gli utenti in difficoltà economica ad optare per l’assistenza diretta, ossia erogata tramite cooperative».
Con tale azione, dunque, l’Associazione Avvocato del Cittadino prosegue nel proprio operato di sostegno alle persone con disabilità che riferiscano storie di discriminazione legate alla presenza di barriere architettoniche, a trattamenti vessatori sul lavoro e soprattutto, come in questo caso, a problemi derivanti dalla fruizione dell’assistenza domiciliare indiretta. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@avvocatodelcittadino.com.
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Scuola: quelle mansioni “delicate” e “speciali”
3 giugno 2016 @ 17:45 - Studio
Sono certamente dispiaciuto per la vicenda giudiziaria di quelle tre collaboratrici scolastiche siciliane, per le quali la Corte di Cassazione, tramite la Sentenza 22786/16, ha ribadito la condanna penale sancita dalla Corte d’Appello, contestando loro il reato di «rifiuto d’atti d’ufficio», dopo che si erano rifiutate di effettuare un cambio di pannolino a un’alunna con disabilità.
Esse sono vittime dell’assurdità di una legge della Sicilia che aveva imposto ai Comuni l’obbligo di fornire agli alunni con disabilità gli assistenti igienici, oltre che quelli per l’autonomia e la comunicazione, in spregio al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del 2003, confermato da quello del 2005, che aveva attribuito tale compito ai collaboratori e alle collaboratrici scolastiche.
Forse la Magistratura penale avrebbe potuto tener conto di questa incertezza normativa per evitare la condanna e tuttavia concordo con il principio civilistico che, stando al Contratto di Lavoro, tale compito sia dei collaboratori scolastici, i quali ormai non possono più legittimamente rifiutarsi di frequentare il corso di aggiornamento che dà loro il diritto a un aumento di stipendio: infatti, la Legge 107/15 – meglio nota come Riforma della “Buona Scuola” – stabilisce espressamente (articolo 1, comma 181, lettera C, punto 8), l’obbligo dell’aggiornamento per i collaboratori scolastici, al fine di assicurare l’assistenza di base agli alunni con disabilità.
Da alcune parti si sostiene che ai collaboratori e alle collaboratrici scolastiche non spetti tale mansione, citando in tal senso la Tabella A del CCNL del 2005, in cui sono descritte le mansioni ordinarie del nuovo profilo di tale personale. In tal modo, però, si ignorano gli articoli 47 e 48 di quello stesso Contratto di Lavoro, in cui è detto che il Dirigente Scolastico deve assegnare degli incarichi specifici per mansioni speciali, data la loro delicatezza.
Il corso di aggiornamento previsto dal CCNL serve proprio a formare correttamente i collaboratori e le collaboratrici scolastiche su tali mansioni delicate – come può essere appunto un cambio di pannolino – e ora ciò è stato reso obbligatorio.
Inoltre, nel citato punto 8 della lettera C del comma 181 della Legge 107/15, si parla di «assistenza di base» e tale dicitura, a mio modesto avviso, credo confermi ancor di più la mia tesi, secondo cui se il cambio dei pannolini è un’attività «delicata» e «speciale», che richiede naturalmente un corso di aggiornamento, ora è divenuto obbligatorio anche l’aggiornamento per svolgere le normali attività di accompagnamento degli alunni con disabilità da fuori a dentro la scuola e la sorveglianza di tutti gli alunni, di cui alla Tabella A del Contratto di Lavoro 2005.
Ragionando quindi serenamente, coloro che non sono d’accordo con questa interpretazione dovrebbero anche dirmi chi dovrebbe cambiare i pannolini. Sarebbe infatti veramente comico che i collaboratori scolastici, dopo avere accompagnato in bagno gli alunni con disabilità, dovessero poi passare l’alunno a un’altra figura professionale che provvedesse al cambio dei pannolini, per poi riprendere l’alunno stesso, per riaccompagnarlo in classe…
Mi auguro dunque che anche alla luce di questa Sentenza della Corte di Cassazione, alcune forze sindacali non vogliano più cercare di convincere i collaboratori e le collaboratrici scolastiche che l’assistenza igienica non è loro compito, garantendo così, in tal modo, serenità agli alunni con disabilità complesse e alle loro famiglie.
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